Innovare la tradizione, come la Compagnia Toscana Sigari ha creato i primi sigari Fumé

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La realizzazione di sigari premium è un processo complesso in cui nulla è lasciato al caso. A dare lustro a tale attività, è l’eccellenza italiana Compagnia Toscana Sigari, che si trova a Sansepolcro: nel 1997 il Monopolio – Ente Tabacchi Italiano commissionò a uno studio di agronomi – di cui faceva parte l’attuale presidente della Compagnia, Gabriele Zippilli – una consulenza per la produzione ecosostenibile del tabacco Kentucky nel Comune di Anghiari, in Valtiberina. Da lì ha avuto inizio una storia imprenditoriale di successo, culminata con la creazione del primo sigaro Tornabuoni nel 2015.

L’obiettivo della Compagnia Toscana Sigari è sempre rimasto quello di valorizzare la coltivazione locale nel più rigoroso rispetto del territorio e realizzare così sigari di altissima qualità, in grado di soddisfare le aspettative dei fumatori più esigenti ed esperti.

Tra i prodotti più innovativi e di maggior successo, ci sono quelli di tipologia Fumé. Contrariamente a quanto si può pensare, questa espressione non è direttamente mutuata dal mondo enologico, anche se in effetti esiste un vino francese dal nome simile, il Pouilly-Fumé, così chiamato per il suo bouquet aromatico. Nel caso di questi sigari, invece, questa dicitura indica uno specifico supplemento di lavorazione, di esclusiva ideazione dell’azienda. “Dopo la cura a fuoco, che si svolge alla fine della fase agricola della coltivazione, tutti i nostri tabacchi riposano molto a lungo prima di essere impiegati per i sigari – afferma Zippilli – mentre nella successiva fase pre-manifatturiera le foglie di fascia e i tabacchi da ripieno, già battuti e miscelati tra loro in base al blend, vengono in questo caso sottoposti a un innovativo processo di affumicatura supplementare che conferisce loro un carattere unico”.

Ultimato il processo, i sigari sono confezionati e, terminata la lenta stagionatura naturale, immessi sul mercato. L’esigenza che ha spinto a ideare questa lavorazione nasce da una riflessione riguardo ai processi di affumicatura dei tabacchi attuati in area statunitense: contrariamente alla cura a fuoco tradizionale italiana, quella americana prevede tempi più lunghi e un’intensità differente. Questa cura “pesante” da un lato conferisce al tabacco aromi tipici e caratteristiche apprezzabili, ma dall’altro implica una maggiore concentrazione di lignina sulla foglia che causa una certa astringenza che, se non ottimamente bilanciata, può diventare fastidiosa e asciugare la bocca. “Grazie a questo processo di affumicatura supplementare dei tabacchi già curati si ottiene invece una nota affumicata pregnante – conclude Zippilli – ma al tempo stesso si preservano tutte le loro straordinarie caratteristiche aromatiche”.